È arrivato negli ultimi giorni il via libera ufficiale del Parlamento alla legge sul lavoro autonomo, che nel secondo capo tratta nello specifico le nuove regole per lo “smart working”, ovvero il lavoro agile. Alcuni potrebbero confondere tale innovativo concetto con il “telelavoro” ideato ormai più di venti anni fa, ed è quindi necessario fare chiarezza per meglio descrivere la legge appena approvata.
Il telelavoro era infatti pensato principalmente per mansioni non qualificate, con postazione fissa da cui si utilizzava un pc o un terminale: l’esempio più classico è quello dell’addetto a un call center. Lo smart working si rivolge invece a professionalità più qualificate di carattere impiegatizio o manageriale, e si basa su tecnologie mobile come tablet, laptop e smartphone. Il lavoratore svolgerà una parte dell’orario di lavoro al di fuori dall’azienda, mentre il resto del tempo lavorerà nella maniera tradizionale.
La differenza sostanziale però è un’altra: non abbiamo infatti a che fare con una nuova tipologia contrattuale, quanto piuttosto con una “modalità” di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, da eseguire senza una postazione fissa (almeno per quanto riguarda le ore riservata al lavoro “agile”).
Per dare il via a questo rapporto di lavoro “smart” basterà un contratto scritto tra le parti, a tempo determinato o indeterminato, con la possibilità unilaterale di recedere.
Nel caso di contratto a tempo indeterminato, per retrocedere rispetto alla nuova modalità, è richiesto un preavviso non inferiore a 30 giorni, che sale a 90 giorni nel caso in cui il recesso da parte del datore di lavoro riguardi un rapporto di lavoro con un lavoratore disabile. Il passaggio alla modalità “smart” è risolvibile da entrambe le parti con preavviso.
Il lavoratore avrà diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello riconosciuto ai colleghi che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, in attuazione dei contratti collettivi. Inoltre, nell’ambito dell’accordo di lavoro agile, al lavoratore può essere riconosciuto il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle competenze.
I dipendenti potranno lavorare in parte presso i locali dell’azienda, in parte dove vorranno, ma sempre entro gli orari giornalieri e settimanali massimi. Una parte dell’accordo dovrà essere dedicata al dettagliare il “diritto alla disconnessione”: dovrà esser messo nero su bianco il tempo di riposo del lavoratore, “nonché le misure necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.