La sclerosi multipla potrebbe essere correlata alla presenza consistente della proteina Rab32 nel cervello delle persone che ne sono affette. Lo dimostrano i ricercatori della University of Exeter Medical School e dell’università dell’Alberta, i quali hanno condotto uno studio pubblicato sul “Journal of Neuroinflammation” in cui sono stati analizzati campioni di tessuto cerebrale umano. Secondo gli studiosi la proteina Rab32 si troverebbe solo nei malati di sclerosi multipla e non nelle persone sane.
A causa di tale proteina nel cervello dei malati il reticolo endoplasmatico, in cui viene immagazzinato il calcio, si accosta eccessivamente ai mitocondri producendo delle interferenze nella comunicazione fra le centrali energetiche cellulari e le scorte di calcio.
Ciò disturberebbe il normale funzionamento dei mitocondri, provocando a sua volta un effetto tossico sulle cellule cerebrali delle persone affette da sclerosi multipla.
“La sclerosi multipla può avere un impatto devastante sulla vita dei malati”, spiega Paul Eggleton della University of Exeter Medical School, “con effetti che interessano le capacità di movimento, di parola e mentali. Finora tutto quello che la medicina ha potuto offrire è la terapia dei sintomi della patologia, perché non ne conosciamo ancora le cause precise e questo ha limitato la ricerca. I nostri nuovi, entusiasmanti risultati indicano una nuova strada da esplorare“. Per il ricercatore “si tratta di un passo avanti cruciale che, nel tempo, speriamo possa portare a nuovi trattamenti efficaci contro la sclerosi multipla”.
L’annuncio della possibile svolta giunge proprio nei giorni della Ms Awareness Week, la Settimana per la consapevolezza sulla sclerosi multipla (24-30 aprile), una malattia che colpisce nel mondo circa 2,5 milioni di persone.
Nessuno sa per certo il motivo per cui le persone sviluppano la sclerosi multipla e accogliamo con favore qualsiasi ricerca migliori le nostre possibilità di comprendere come fermarla, afferma David Schley, Research Communications Manager della Ms Society. Attualmente esistono trattamenti disponibili per molti degli oltre 100mila pazienti britannici che convivono con questa condizione difficile e imprevedibile. Vogliamo che i malati abbiano un’ampia gamma di trattamenti tra i quali poter scegliere, e vogliamo offrire loro la terapia giusta al momento giusto.
Se il ruolo della proteina Rab32 nella patogenesi della malattia fosse confermato, il successivo passo da fare sarebbe quello di realizzare delle terapie che ne inibiscano gli effetti. Questi trattamenti non allevierebbero solo i sintomi, ma potrebbero finalmente portare a curare realmente la malattia.